La produzione poetica di Terayama Shûji
riconosciuta ufficialmente ha avuto inizio durante gli anni del liceo con l'approvazione
ottenuta da parte di poeti di fama nazionale che, ravvisato il suo talento, si
presero cura di lui incoraggiandolo e pubblicando suoi versi su riviste a
diffusione nazionale.
La passione di Terayama per lo haiku si
sarebbe risvegliata, stando a quanto dichiara il suo amico e compagno di classe
Kitake Kumi[1], durante l'estate del primo anno di
liceo, quando degli haiku di quest'ultimo vennero pubblicati su un giornale
locale; Terayama spronato dal suo spirito competitivo entrò così, grazie all'amico,
nella cerchia dell'ambiente dello haiku, presenziando alle riunioni di un
circolo letterario di Aomori. In questa sede fu notato da Suita Seizaburô, il
quale lo seguì nel suo sviluppo come poeta; Terayama ebbe modo di dichiarare
che Suita Seizaburô fu per lui uno deiconsiderò
Suita Seizaburô come suoi maestriun suo maestro.
Abbiamo visto come il primo interesse di
Terayama in campo poetico si sia rivelato oltre che nella composizione di haiku
nella realizzazione di tanka.
Pare che, anche nel caso del genere tanka,
la prima stesura di poesie ad alto livello sia nata in seguito ad una sorta di
gara a distanza che Terayama aveva intrapreso nei confronti di Nakamura Fujiko,
anch'essa appassionata di tanka, vincitrice della prima edizione del premio del
'Tanka Kenkyû' per le giovani promesse.
Terayama si sentì punto nell'orgoglio per
la vittoria di questa ragazza che egli non giudicava sufficientemente capace.
Tanta fu l'influenza che questo successo 'non meritato' esercitò su di lui, che
iniziò ad allenarsi senza posa nella composizione di tanka, e l'anno successivo, riuscì a vincere la seconda edizione
del premio con "Il fFestival
Chehofu".
La prima fase della produzione poetica di
Terayama, corrispondente agli anni del liceo,
è segnata, come riconoscono molti critici, dall'influenza sostanziale a livello
stilistico dei componimenti di poeti quali Nakamura Kusatao, Saitô Sanki e
Hashimoto Takako.
Nonostante questo ascendente, la
produzione poetica di Terayama conserva un'innegabile originalità dovuta soprattutto
alla tendenza a fondere le caratteristiche peculiari dei due generi poetici del
tanka e dello haiku. Questa tendenza al 'sincretismo' stilistico è stata spesso
oggetto di critiche anche molto severe da parte degli intellettuali più
saldamente legati alla tradizione come ad esempio Kusumoto Kenkichi, il quale,
in un suo articolo apparso sul "Tanka Kenkyû" ha ammonito Terayama
come segue:
"Rompere
la forma fissata dello haiku e del tanka è estremamente pericoloso. Non è
possibile compiere una simile azione. Usa con maggiore cura il tuo
ingegno."[2]
Un'altra delle
critiche che spesso sono state mosse nei confronti della poesia di Terayama,
concerne l'abitudine di quest'ultimo a prendere spunto da poesie di altri
autori. Per questo motivo è stato definito spesso come un plagiatore, un
"apprendista dell'imitazione". Egli stesso, d'altra parte, non
rinnegava l'accusa; al contrario, controbatteva a queste critiche con
l'affermazione che non fosse necessario rispettare così religiosamente l'originalità
come, allo stesso modo, non fosse così strettamente necessario tener presente
la produzione degli altri scrittori e le forme stabilite. Queste sue
considerazioni sono molto importanti perché iniziano a delineare quella che
sarà negli anni successivi, la linea di pensiero e di condotta dominante in
Terayama, completamente slegata e indipendente dai modelli dettati dalla
tradizione e dalla norma costituita.
Anche nella prima
produzione poetica Terayama ebbe dunque modo di dimostrare la sua vena
dissacratrice e anticonformista. Dichiarava:
"Non credo che sia così importante
l'opinione dei critici; quando si è accettati da un gran numero di persone,
questo significa che anche un'opera nata dall'imitazione può essere considerata
un buon prodotto[3].
."3
Accanto all'aspetto
della produzione più 'canonica', cinta dell'alloro dei riconoscimenti
ufficiali, esiste quindi un altro lato del Terayama poeta. Questo secondo
aspetto comportò per lui una evidente difficoltà nel proporre la propria
visione dell'arte, in quanto la fascia più conservatrice degli intellettuali
stroncava sistematicamente ogni suo prodotto che superasse il limite imposto
dai generi tradizionali.
Il forte spirito
di Terayama non si lasciava comunque abbattere dalle critiche e dai tentativi
di sabotaggio effettuati a suo danno; egli era ben consapevole delle sue
capacità e non temeva i moralisti. Spesso, al contrario, le critiche
suscitavano in lui la volontà di smascherare senza pietà il trito perbenismo,
l'ipocrisia e il paradosso che si nascondevano dietro coloro che troppo
apertamente erano contrari ad ogni forma di innovazione; Terayama cercò di
raggiungere lo scopo forzando volutamente gli schemi fissi della poesia, che
nel caso dello haiku e del tanka erano ritenuti pressoché inviolabili; o anche
indulgendo, con una buona dose di compiacimento, in
pose e generi considerati di poco conto se non addirittura scadenti e volgari.
Definiva la poesia come
"un'agitazione". E'
indicativo a questo proposito che Kobayashi Kyôji abbia definito Terayama uno "stregone della parola"[4].
L'urgenza di
rinnovamento e il desiderio continuo di sperimentare una "rivoluzione delle forme", come
egli la definiva, lo portarono dunque a sperimentare anche i generi di poesia
più umili che, nell'ambito della cerchia dei letterati, venivano considerati di
basso livello e quindi non erano presi assoluassolutamente
in considerazione nella sfera della produzione artistica, come ad esempio i
testi per canzoni popolari. Nell'arco della sua carriera artistica Terayama
produsse saltuariamente anche questo genere di poesia destinato ad essere
musicato. Nel farlo affermava che la poesia "stampata" non si adatta
al gusto delle masse: il suo genere è troppo aulico, i temi sono distanti dalla
gente comune; mentre, al contrario, le poesie scritte per essere cantate sono
più vicine alle masse e riescono ad arrivare dritte al cuore della gente.
In ogni caso
sarebbe sbagliato pensare che Terayama abbia scritto testi poetici per canzoni,
nell'intento di essere vicino e solidale alla gente comune; al contrario, come
egli stesso affermava, questo genere semplice e diretto era un mezzo efficace per arrivare a smuovere
l'animo della gente comune e spingere le masse verso una direzione precisa,
tesa a quella "rivoluzione non politica" a cui tanto aspirava. Avremo
modo di approfondire questo concetto nell'ambi contesto
dell'idea di teatro di Terayama: grazie al contatto diretto con il pubblico che
il teatro permette, egli ha difatti avuto modo di studiare con esito immediato
la risposta ai suoi stimoli mirati.
Già nella prima
fase di produzione artistica quindi, benché l'idea di scrivere per il teatro
fosse ancora remota, cominciava a delinearsi una caratteristica fondamentale
della posizione assunta da Terayama nei confronti degli "spettatori".
Egli si proponeva di essere, per i fruitori spesso anche involontari della sua
arte, un grande mago, un abile manipolatore, capace di cambiare la "realtà" e di modificare la vita
quotidiana della gente comune. Questa caratteristica, già presente nel Terayama
poeta, si acuirà moltissimo nella sua produzione drammatica, in una parabola
che, a partire dalle sceneggiature per drammi radiofonici, passando poi per la
produzione cinematografica, raggiungerà il suo apice nella produzione teatrale.
Takatori Takeshi[5] afferma, nella sua raccolta di saggi su
Terayama Shûji, che uno dei motivi che spinsero Terayama a passare dalla
produzione poetica a quella drammaturgica, ed in particolar modo al teatro, è
dovuto proprio al limite imposto alla produzione poetica dalla rigidezza delle
forme di Hhaiku e
tanka, causa di restrizioni molto pesanti all'espressione.
Terayama affermava, inoltre, che durante
il lungo periodo di degenza in ospedale dal 1954 al '57, ebbe modo di rendersi conto
che forme artistiche scritte, come la poesia o la narrativa, fossero molto meno
immediate e arrivassero con maggior fatica a colpire l'attenzione delle masse.
Un ulteriore
punto di vista per esaminare la futura produzione di Terayama ci è fornito da
Shiraseki Kazuko, il quale afferma che, per risalire all'origine della forma
espressiva usata da Terayama nella produzione cinematografica e teatrale,
dobbiamo esaminare la sua opera poetica intorno ai venti anni. Questa
affermazione viene contestata da Takatori Takeshi, il quale è più incline a
vedere nel linguaggio di Terayama una prevalenza dell'influsso del cinema
piuttosto che dei tanka. Ipotesi possibile, se teniamo conto che fin dalla
prima adolescenza Terayama ha avuto modo di assistere ripetutamene a moltissimi film nel cinemte a
moltissimi film nella sala cinematografica degli zii, subendone per sua
stessa ammissione il fascino e l'influenza. In ogni caso, resta inconfutabile
la presenza di un linguaggio legato alla poesia classica nelle opere teatrali
di Terayama. Su questo aspetto la critica è unanimemente concorde.
Terayama
avvertiva inoltre che nella poesia e nei testi per canzoni fosse presente un
limite insuperabile, quello di "fermarsi
ad un monologo". Per scongiurare che questo limite intaccasse anche il
teatro, Terayama ha cercato di affermare una forma che fosse libera da
costrizioni; ha eliminato così lo spazio scenico, i testi e addirittura gli
attori. L'essenza del teatro consisteva per lui nello sfruttare l'energia
dell'incontro. Ammirava molto la freschezza e la genuinità delle poesie
composte da ragazzi nell'età che va dai tredici ai diciannove anni; pensò di
sfruttare l'energia dell'incontro insita in nelle loro composizioni
utilizzandole in teatro e rendendo attori i loro autori. E' questo uno dei
motivi per cui Terayama è stato molto amato dai giovani, che lo consideravano
come un maestro eccelso, fondatore di una nuova religione. Difatti, nonostante
Terayama non fosse molto ben visto in Giappone dagli esponenti del mondo della
cultura ufficiale, proprio a causa della sua vena
trasgressiva e a suo modo rivoluzionaria, molti ragazzi cercavano di ottenere
la sua attenzione e di riuscire ad entrare a far parte della cerchia dei suoi
collaboratori, sia come poeti, sia come membri del suo laboratorio teatrale.
Nel contesto
della produzione poetica di Terayama,
un posto a parte è occupato da un altro tipo di composizione poetica che egli
produsse nel corso della sua carriera: i drammi epici composti in versi,
destinati, in un primo momento, alla trasmissione radiofonica.
La prima
esperienza in questo campo avvenne nel 1959, quando, su incoraggiamento di
Nakagawa Shuntarô, scrisse il primo di una lunga serie di drammi sia
radiofonici sia televisivi: "Nakamura Ichirô".
Questa prima
composizione segnò una tappa fondamentale della futura produzione di Terayama,
in quanto, avendo riscosso un grande successo, sia di pubblico, sia di
critica - la quale gli conferì il
primo premio del Festival delle
Trasmissioni Nazionali - cominciò
ad aprire a Terayama la strada del mondo dello spettacolo.
Questa prima
collaborazione con una rete radiofonica, infatti segnò
l'inizio di una lunga serie di collaborazioni con reti radiofoniche e in
seguito televisive, e, rappresentò il momento di svolta nella sua
produzione artistica che lo portò nel giro di 10 anni ad occuparsi attivamente
e quasi esclusivamente di teatro.
Per quanto
riguarda l'aspetto stilistico, questi primi drammi epici composti in versi si
avvicinano molto al genere classico, e hanno una certa affinità con le forme
legate al Jôruri[6].
In accordo con il
suo modo di vivere, volto alla sperimentazione volto alla
ricerca incessante di nuove forme, nel corso
degli anni,successivamente Terayama sperimentò per
questi drammi stili diversi, spesso anche personali, e soprattutto, a partire
dal 1960 - con "Otonagari"
(A caccia di adulti) - iniziò a mettere in atto la sua vena iconoclasta, noclasta, procurandosi, in questo modo,procurandosi
in questo modo la critica di essere un istigatore alla violenza e una vera
e propria minaccia per l'ordine
pubblico.[7]
Il passo da
questo tipo di composizione drammatica alla futura produzione teatrale sarebbe
stato ormai molto breve.
Con la definizione
'Saggi e Romanzi' si vuole qui indicare tutta la produzione in prosa di
Terayama, ad esclusione sia delle sceneggiature cinematografiche, sia delle
composizioni scritte per il teatro, in quanto avremo modo di esaminare questo
materiale più avanti, nei rispettivi capitoli.
Va detto che
la maggior parte degli scritti non
teatrali di Terayama riguarda soprattutto, fatta eccezione per la poesia,
l'area della saggistica.
Anche nella produzione
letteraria, Terayama Shûji ha confermato, in molteplici occasioni, il suo
spirito provocatorio e la sua tendenza ad andare al di là dei canoni
convenzionali che regolano la scrittura.
Una simile
affermazione potrebbe divenire oggetto di dubbio e malinteso, va pertanto
chiarito il contesto che essa assume nell'abito della sua produzione
letteraria.
Spirito curioso e
profondamente indagatore, Terayama amava dissertare sugli argomenti più
disparati indugiando con particolare compiacimento sui temi preda del luogo
comune, sulle certezze collettive prive di una concreta fondatezza. Molto
spesso Terayama traeva, a partire dagli argomenti più banali, delle conclusioni
sconcertanti che sono sicuramente frutto di una presa di posizione del tutto
personale. Questo atteggiamento
rispecchia molto chiaramente quel desiderio,, presente in
ogni sua opera, presente in ogni sua preconcetti,
piuttosto che il frutto di una scelta libera e consapevoleopera,
di dimostrare come spesso le azioni delle masse siano generate da
riflessi condizionati e da radicatifrutto di
riflessi condizionati e di radicati preconcetti.
Lo scopo di Terayama - come egli stesso
asseriva - era quello di costruire
nuovi condizionamenti, questa volta dichiaratamente "falsi", che
rendessero evidente l'estrema precarietà del confine tra realtà e finzione, tra
vita reale e immaginazione. La distinzione tra queste due coppie di opposti è
un elemento estremamente importante, costituisce infatti una delle
argomentazioni principali su cui si fonderà in seguito la sua idea di teatro e
il suo modo di proporre la rappresentazione scenica.
Le opere
letterarie di Terayama sono dunque divisibili in due filoni essenziali: da una
parte la saggistica vera e propria, consistente in dissertazioni approfondite e
competenti su argomenti considerati da Terayama estremamente interessanti e che
fa riferimento soprattutto al mondo dello sport: sono molto noti, in Giappone,
i suoi saggi sull'ippica, sulla boxe e sul baseball, tre sport che egli praticò
e amò "profondamente e
incondizionatamente". Nell'altro settore della sua produzione
letteraria troviamo quelle opere - anche in questo caso si tratta per la
maggior parte saggi - che Terayama scrisse, sfruttando la sua vena
dissacratrice e la sua feroce ironia, allo scopo di compiere quella che lui
stesso definiva come 'una grande magia', che gli permettesse di ottenere,
tramite una 'rivoluzione non politica', la fine definitiva delle forme
precostituite.
Nell'ambito di
questo secondo tipo di produzione si possono annoverare i saggi sugli argomenti
più banali della vita quotidiana, rivisitati dalla sua pungente ironia, e anche
qualche romanzo scritto con l'intenzione precisa di fornire una visione
alterata ad arte della realtà o per esortare particolari fasce della popolazione
a scrollarsi di dosso le stratificate convenzioni sociali. Queste
sollecitazioni si possono vedere ad esempio nel caso di "Dareka kokyô wo omowazaru" (Chi non
pensa al proprio paese?): in questo romanzo Terayama ha delineato la propria
autobiografia, creando però un falso storico - per altro dichiarato - in quanto
ha deformato la storia a piacimento conferendole un'atmosfera dominante di
miseria, dolore e povertà. Affermò che era stato spinto a scrivere delle
menzogne perché l'immagine che la gente si era fatta di lui era quella del
povero bambino, orfano di padre, che vive un'infanzia triste e carica di
difficoltà; pertanto egli nella propria
autobiografia aveva volutamente calcato la mano, scrivendo ciò che la gente
avrebbe voluto leggervi.
Terayama aveva inoltre un particolare
interesse per i giovani; fu per questi ultimi che scrisse nel 1963 "Iede no susume" (esortazione a
scappare di casa). In questo libro, come si capisce dal titolo, Terayama invita
la gioventù a staccarsi dalle proprie famiglie, a rompere con esse ogni genere
di contatto e a condurre una vita propria, slegata dalla famiglia e di
conseguenza dalla società di cui la essa costituisce il nucleo principale; a
diventare indipendenti come singoli individui per scongiurare il pericolo di
vivere come numeri all'interno di una società schiacciante e annullante.
Questo testo è stato considerato dalla
critica un'istigazione alla sovversione e alla delinquenza, privo di ogni
concetto morale, un 'libro orribile' che avrebbe avuto una cattiv"pessimo
libro" colpevole di esercitare una pericolosa influenza sulla
gioventù.
E' interessante
notare che, nonostante il contenuto, apertamente avverso alla famiglia,apertamente avverso alla famiglia del
libro, Terayama nell'anno precedente alla sua scrittura si era sposato,
formando egli stesso quel nucleo primario della società che, all'interno del
romanzo, tanto sembrava disprezzare. Questo fatto dimostra che tutto ciò che
Terayama scrisse non è giudicabile così come appare, ma, per essere compreso
nel suo vero significato e nelle sue motivazioni profonde, va soppesato e
indagato oltre le sembianze superficiali.
Anche questo libro contiene il tentativo da parte di
Terayama di turbare i modelli di pensiero standard della gente.
E' interessante
notare che Terayama affermò di aver fondato la compagnia del Tenjô Sajiki allo
scopo di raggruppare i giovani di entrambi i sessi che leggendo questo libro
avessero lasciato le proprie case. Questa compagnia aveva intenti economici,
personali, educativi, religiosi, di svago, di protezione, di cambiamento:
rappresentava la casa (ma non essendoci legami di sangue non era una
famiglia!).
Da quanto detto
si evince che Terayama avesse una concezione assolutamente personale e
particolare circa la funzione dei poeti e letterati nella società: distingueva
tra uomo "d'azione" (kôi mono) e "lottatore" (jissen mono).
Dichiarava:
"I
poeti e i letterati devono comprendere la distanza che passa tra "azione" e "lotta reale". La nostra "azione" non deve avvenire
partecipando a dimostrazioni, sarebbe meglio se la mostrassimo in uno
spettacolo teatrale. Non si deve entrare nella lotta reale."[8]
Takatori Takeshi
afferma che è molto difficile cogliere la distinzione tra cosa Terayama
intendesse per 'azione' e cosa per 'lotta reale'; ribadisce comunque la grande
importanza di questi due concetti, in quanto essi corrispondevano al modo di
vivere di Terayama. Takatori pensa che su questo punto si basassero "tutte le idee e le azioni di
Terayama."[9]
Nonostante usasse
termini come azione e lotta reale non vi è in Terayama
un'ideologia politica a supportare questo concetto di lotta,. Per onore
di cronaca va
riferito che egli affermava di essere entrato in contatto con l'ideologia
della sinistra, tramite un'attrice sua amica, intorno al 1953 e di
esserne rimasto molto 1953interessato.
Scrisse inoltre di aver studiato durante la sua degenza in ospedale qualcosa deriguardo all'ideologia
comunista e qualcosa riguardante Marx; ma certamente Terayama non si può definire
- per questo - come un militante della sinistra. Era comunque interessato questallo
studio di
questo pensiero e continuò ad scambiaintrattenere
delle conversazioni su Marx e Trotzkij con alcuni studiosi di scienze politiche
e filosofia, fino alla seconda metà degli anni '60.
Si deve
riconoscere, in ogni caso, che
Terayama fosse per sua stessa natura, estraneo a qualsiasi definizione e
inquadratura in un genere o un'ideologia particolare. Egli si era creato, piuttosto, una filosofia del
tutto personale costituita da elementi, estrapolati dalle più svariate e
antitetiche correnti di pensiero, rielaborati in maniera assolutamente
personale e molto spesso in evidente contrasto gli uni con gli altri.
Terayama
sembrava non curarsi affatto della contraddittorietà delle sue
affermazioni. Forse proprio a
causa del suo gusto nello sconcertare, Terayamaegli
dichiarava, ad esempio, di ammirare Hitler; non per la sua ideologia politica,
bensì per la sua qualità di artista:
"[...]
Pur essendo gli artisti degli "uomini d'azione" non si possono
considerare veri e propri lottatori."lottatori".
Inizialmente Hitler voleva diventare un
artista ma, essendo un pusillanime, è passato ad interessarsi di politica.
In seguito,
nell'intento di purificare il sangue del popolo tedesco, ha fatto sterminare
un'enorme quantità di ebrei.
Penso che
un uomo simile si possa definire come "una
persona d'azione poetica".una persona
"d'azione poetica".
Hitler
nella sua qualità di artista era un puro.""[10]
Terayama criticava all'arte contemporanea il
fatto di non adattarsi al sentimento dell'epoca e di proseguire per la propria
strada senza curarsi del fatto che la gente comune ne sapesse niente; mentre,
ai tempi di Hitler, l'arte esprimeva davvero il sentimento della propria epoca.
"Se si
teatralizzasse il pensiero di Hitler come "Il grande maestro del
male", probabilmente esso potrebbe essere accettato. Penso che anche la storia
possa costituire un genere di teatro; così Hitler, come tutte le rivoluzioni
della storia, sono teatro (teatro storico)"[11]
Ammirava Hitler e
dichiarava che avrebbe voluto assomigliargli, intendendo con questa frase -
come egli stesso spiegò - che avrebbe
voluto avere sul pubblico la stessa influenza, lo stesso enorme ascendente e la
conseguente capacità di manipolazione delle masse secondo un proprio prefissato
disegno, che Hitler aveva saputo esercitare.
Un altro aspetto
che è interessante notare nella produzione letteraria di Terayama è costituito
dalla tendenza a riproporre gli stessi soggetti e addirittura gli stessi titoli
nelle opere poetiche, di fiction, nei drammi radiofonici, nel cinema. Molti
critici vedono in questa scelta una testimonianza della sua mancanza di
fantasia e forse in piccola parte
questa critica è fondata - anche se osservando la sua produzione teatrale è
difficile definirlo 'un uomo privo di fantasia' - ma probabilmente l'intenzione
principale di Terayama, nel compiere queste 'metamorfosi' delle sue opere, era
quella di sottolineare, una volta di più, la marginale importanza rivestita dai
canoni stilistici e la tangibile relatività delle forme fisse, apparentemente
invalicabili.
A differenza di quanto era accaduto per le produzioni
artistiche esaminate in precedenza, vale a dire la poesia e la letteratura,
Terayama si dedicò alla carriera cinematografica - sia come sceneggiatore e
regista, sia come attore - soprattutto per procurarsi da vivere.
Per sua stessa ammissione, infatti una parte dei film che
egli produsse e diresse, fanno parte di un filone essenzialmente commerciale, 'di
cassetta', si tratta di:
"[...]Brutti
film, privi di contenuti profondi i quali
non hanno alla loro base altra motivazione se non il bisogno di
denaro."[12]
Non bisogna comunque dimenticare, nell'accogliere questa
dichiarazione, che Terayama amava molto provocare i suoi interlocutori e spesso
le sue affermazioni, per poter essere correttamente interpretate, vanno
ridimensionate alla luce di un'attenta riflessione, sulla base di una
conoscenza approfondita dell'autore.
Anche nel caso della cinematografia, infatti, Terayama non ha
perso occasione di sfruttare il mezzo di comunicazione per produrre delle sollecitazioni
piuttosto violente nei confronti del pubblico, e non di meno, per liberare, una
volta di più, il suo spirito anticonformista e trasgressivo.
Se da un lato, infatti, le sue scelte si volgono verso i
generi puramente commerciali, tesi ad esaudire le esigenze più immediate e
mediocri del pubblico - come avviene ad esempio per il film "Boxer" -
dall'altro, il lato del Terayama membro dell'avanguardia, è
sempre viva in lui la sete di ricerca e il dedesiderio
di sperimentare nuovi metodi di comunicazione e nuove forme di linguaggio.
Terayama, ad esempio,
soffriva di una sorta di idiosincrasia nei confronti dello schermo
cinematografico, che egli vedeva come una gabbia infernale limitante la libertà
d'azione dell'artista.
Per questa ragione spesso ne costruiva di molto particolari, come nel caso degli schermi
costituiti dia fasce
elastiche - perché degli attori le potessero attraversare durante la proiezione
del film - oppure di tavole di legno - in modo tale da potervi piantare dei
chiodi, sperando che il pubblico seguisse l'esempio degli attori, come avvenne,
a quanto racconta Mario Zussino, al festival di Edimburgo. Il motivo di queste
interpolazioni nella proiezione cinematografica di azioni reali compiute da
'attori' (ossia persone le quali agiscono), siano essi membri del Tenjô Sajiki
o rappresentanti del pubblico, si può rintracciare nell'esigenza di allargare
il confine invalidante costituito dallo schermo, che delimita in modo fisso ed arbitrario il confine della proiezione, e far si che il
pubblico sia costretto ad abbandonare quella posizione passiva e voyeuristica
che di solito possiede.
I temi preferiti da Terayama in campo cinematografico sembrano essere
quelli riguardanti i problemi sociali -problemi
sociali, sia di comunicazione tra individui, sia di protesta nei
confronti delle convenzioni e delle forme precostituite, -
persino dello stesso cinema - e i problemi dell'individuo, con particolare
interesse per il rapporto tra adolescenti eun adolescente
e la propria famiglia.
Terayama ha
dichiarato che, nelle sue opere, nelle sue
opere uno dei temi principali è costituito dall'attacco al sistema
familiare giapponese.
Penso sia opportuno
esaminare nel particolare alcuni esempi
di questi generi di produzione.
Anche nel caso della produzione cinematografica, l'esordio di
Terayama avvenne grazie all'interessamento di un personaggio illustre: il
regista Shinoda Masahiro, per il quale Terayama scrisse, intorno al 1960, la
sceneggiatura per il film "Il lago prosciugato" (Kawaita mizuumi).
Nel seguente
brano atto dal libro Japanese Film
Director di Audie Bock, si evidenziano le motivazioni per cui Terayama
iniziò, con questo film la sua carriera di sceneggiatore cinematografico.
"When Shinoda Masahiro was recalled to directing after the success of
Oshima's Cruel Story of Youth, he was
told to make 'a very gutsy film'. Immediately he set about finding an
anti-Shochiku kind of scenario, employing the young poet Terayama Shûji.
Terayama had never written a script but Shinoda had read his poetry and found
his wit to be strangely captivating. In the course of writing the script
for the 1960 Dry Lake, a story about a student fanatic set during the
anti-U.S.-Japan Security Treaty demonstrations, they agreed that for Japanese
there was no such thing as revolution. only terrorism. In many ways the film
predicts the deterioration of the student movement into factional terrorism in
the 1970s. Terayama would later become not only a frequent collaborator with
Shinoda, but a playwright and director of his own underground theatre troupe,
as well as director of such powerful if idiosyncratic films."[13]
Il Lago Prosciugato è un film provocatorio in cui il protagonista,
un terrorista, viene presentato come un eroe. Questo film è nato nell'ambito
dei movimenti di protesta che si erano generati in Giappone, nei confronti dei
trattati nippo-americani Shin Anpô Jôyaku,
tra uomini appartenenti a correnti politiche e di pensiero diverse. Data
l'eterogeneità del gruppo dei dissidenti la protesta non riusciva ad andare
oltre i confronti e le discussioni interne, finché da questo si distaccò una
fazione violenta che organizzava dure dimostrazioni e atti sovversivi.
Nel film "Il lago prosciugato" Terayama trattò la
vicenda con il preciso proposito di dare fama alla condizione di terrorista.
In questa motivazione è possibile vedere una caratteristica
fondamentale di un certo tipo di spettacolo proposto da Terayama. Egli si
proponeva di smuovere le coscienze troppo spesso intorpiditre dalla
rigida e cieca osservanza delle tradizioni e delle convenzioni sociali. Allo
stesso tempo, nonostante la scelta di soggetti tanto scottanti, non vi era in
lui il benché minimo tentativo di portare avanti una precisa ideologia
politica; dalla politica egli rimase sempre slegato.
Con "Il lago
prosciugato" Terayama ribadisce, ancora una volta, la necessità da parte
dell'artista di distinguere tra "azione" e "lotta reale":
per Terayama il compito dell'artista è quello di "spingere
all'azione", ma l'unico modo con cui l'artista puòegli non deve
prendere parte alla lotta deve essere
quellse non in questo modo indiretto.
Un'altra delle tematiche riguardanti l'aspetto sociale presenti
nella produzione cinematografica di Terayama è quella facente capo al bisogno
di 'purificare' la società tramite la purificazione dei pensieri e dei ricordi
dei membri che la compongono. Elementi troppo spesso incrostati di pregiudizi,
preconcetti e luoghi comuni fuorvianti. Queste 'impurità' impediscono all'uomo
che ne è "affetto"vittima
di vivere liberamente.
Esplicativa a
riguardo è una dichiarazione rilasciata dallo stesso Terayama circa il suo
lungometraggio "Nascondino pastorale" (Pastoral Hide and Seek) girato nel 1974:
"Se
desideriamo liberare noi stessi, pulire la storia dell'umanità in noi e la
storia della società intorno a noi, dobbiamo cominciare col liberarci dei
nostri stessi ricordi. Ma questo avviene quando i nostri ricordi cominciano a
giocare a nascondino con noi stessi e risulta difficile il confronto. In questo
film il personaggio centrale intraprende una certa qual revisione del suo
passato. Io ho cercato di aiutarlo a trovare la sua identità, e quindi forse,
l'identità di tutti noi."[14]
Altro lungometraggio estremamente interessante per le
tematiche proposte è "Buttate via i libri, uscite per le strade" (Sho wo suteyô, soto he demashô). Il
soggetto era nato come pièce teatrale nel 1968 e nel 1971 si sviluppò come
film. Esso è frutto del lavoro collettivo dell'intero cast, riunitosi per un
mese a discutere sul copione e sul protagonista. L'intento di Terayama nel
comporre questo film era quello di mostrare che il film è qualcosa di molto
fragile e inconsistente.
Nel girare questo lungometraggio ha usato delle tecniche
molto particolari di scenografia e di illuminazione basando la recitazione sulle reazioni
estemporanee degli attori. In un'intervista rilasciata a Joan Mellen Terayama
ha dichiarato:
"In one part I use only one light and then
allow everything to disappear. The
light is switched on at one point and
not at another. The actor in the film must ask for the lights to be put on
because I do
not do it willingly."[15]
Questo film è stato definito dalla stampa occidentale come un
"attento collage di narrativa" ed è stato accolto favorevolmente sia
in Europa, sia in America.
In un articolo
pubblicato sul 'Manifesto', viene
ammirato - anche se l'intento di Terayama non era deliberatamente politico -
per la sua profonda consapevolezza politica:
"'Gettiamo i libri usciamo nelle strade'
è, in sintesi, un film che nella sua corposa, violenta carica di denuncia e
nella sua dolorosa passione per la condizione alienata dell'uomo viene ad
assumere l'importanza di un documento inoppugnabile, sia contro l'attuale
società giapponese, fondata sul più brutale sfruttamento dell'uomo, sia contro
l'ingranaggio generale della ferrea logica del profitto che muove e sorregge lo
strapotere capitalistico. Il grosso merito di Terayama è dunque l'essere
riuscito a condurre in porto un film dove la passione politica si fonde con la
poesia, e la cultura cresce come solidarietà di classe."[16]
Il personaggio
centrale è un ragazzo e tutta la narrazione si basa sulla sua vicenda
esistenziale e politica. Come nota Joan Mellen in "Voices from Japanese
cinema", New York 1975, in questo film Terayama:
"Associates the longing and frustrations endemic
to Japanese youth with the distortions visited upon all by movies."[17]
Il tema di questo film è quello dell'adolescenza violentata
dalla società, dalla tradizione e dall'imperialismo
della famiglia"imperialismo della famiglia". Come
si evince dal titolo anche questo film è pervaso da quella vena trasgressiva e
di rivolta tipica di Terayama. Il protagonista si chiama semplicemente
"ragazzo";, egli
protesta contro la squallida condizione della sua vita ma anche contro il fatto
di essere preso a modello per l'educazione del pubblico che assiste al film.
L'importanza di
quest'opera cinematografica è stata riconosciuta anche in Giappone. Secondo il
critico cinematografico Sato Tadao, in questo film:
"Throw Away Your Books is above all a film where
youths make a game of cinema to their's
heart's content."[18]
Sato vede inoltre nel Terayama di 'Buttate via i libri uscite per le strade' la ricerca di uno studio della società giapponese contemporanea:
"Terayama, who for several years has launched
appeals to youths to leave their families, has often concerned himself with
provincial youths who end by following his counsel, leaving for Tôkyô. One
has the opportunity in this film to understand the confessions of these
adolescents grouped around this young poet and partaking of his ideas."[19]
Mellen fa notare che Terayama può essere considerato membro
della generazione di artisti giapponesi che hanno formato in parte il loro modo
di vedere su pensatori europei come ad esempio Freud. Questo influsso è
riscontrabile ad esempio dalla presenza, in 'Buttate via i libri', di sentimenti incestuosi del ragazzo nei
confronti della sorella.
In effetti la tematica sessuale, e più in particolare alcuni
peculiari aspetti della sessualità, quali l'omosessualità o l'incesto, sembrano interessare molto la fantasia di
Terayama, il quale introduceva spesso nei soggetti dei suoi spettacoli
riferimenti al sesso, allusivi o immediati.
Nel caso di Buttate via
i libri uscite per le strade, ad esempio,, ad esempio,
il gioco del calcio costituisce un filo conduttore nel corso dell'intero film. Terayama
ha fornito, a questo riguardo, una spiegazione che, presa così come è, lascia
nel lettore un certo smarrimento. L'affermazione risulta infatti alquanto
opinabile. Non si deve dimenticare, comunque, che la volontà di stupire e la
tendenza ad andare contro le convenzioni sono caratteristiche fondamentale del
carattere di Terayama:
"Era
mia intenzione usare il gioco del polo per via delle connotazioni sessuali che
implica l'uomo che corre con un lungo bastone. Tuttavia tra tutti gli sport -
come è detto anche nel film - quello che usa il pallone più grande è il gioco
del calcio, per questo esso è lo sport più virile."[20]
Un altro breve film appartenente al genere che Mellen ha
definito come surrealista è "L'imperatore di Tomatocatsup".
Questa pellicola è un
gioioso, ironico inno alla trasgressione, e all'anarchia; il tema riguarda la
rivolta dei bambini nei confronti degli adulti, colpevoli di sottrarre loro la
libertà sessuale e di espressione, e la
presa del potere che ne consegue, la quale porta alla costituzione dell'Impero di Tomatocatsup:
tocatsup:
"A charming anarchist vision about children
taking power to create the "Empire of Tomatocatsup". The Emperor,
abandoning his "court of short pants", with a gun in his hand, leaves
with his regiments for the hunt of grown-ups.
The Constitution of the New Empire declares that
adults who impose physical force upon the children will be suppressed by the
civil state."[21]
La Costituzione promulgata dall'Imperatore è apertamente
trasgressiva e dissacrante: in essa i bambini si dichiarano liberi di
commettere tradimento, di tramare piani, di praticare l'omosessualità, e
addirittura di usare la Bibbia come carta da toilette.
Sempre Sato Tadao vede
nei personaggi di Terayama degli individui - rappresentanti il riflesso
del loro autore, libero dai condizionamenti sociali - che si fanno beffe della
moralità tradizionale, e che sognano un mondo utopico in cui sia raggiunta la
libertà sessuale. Ma allo stesso tempo percepisce in loro anche un alone
nostalgico nei confronti della vita tradizionale di campagna, quella che fa
parte del background culturale più intimo di Terayama. Sato nota che questa
sorta di nostalgia che si nasconde dietro le parole, in apparenza sprezzanti
dei personaggi, costituisce uno strano disequilibrio in cui questi ultimi, come
del resto tutta la gioventù giapponese, fluttuano incessantemente.
[1]da
AA.VV. "Gendai shi no techô. 11 gatsu kanji sôkan", novembre 1983.
[2]Da
Takatori Takeshi "Terayama Shûji-ron" Tôkyô,
Sôchôsha,
1992.
[3]DA Takatori T. "Terayama Shûji ron" Tôkyô, Sôchôsha, 1992.
3 Da Takatori Takeshi
"Terayama Shûji-ron" Tôkyô,
Sôchôsha,
1992.
[4]Da
Tayô, n. 363, settembre 1990.
[5]Nato
nel 1952, laureatosi in economia e commercio all'università
di Ôsaka,
è
stato assunto presso una casa editrice. Quando Terayama ha fondato il Tenjô
Sajiki è
entrato a far parte dello staff. Dopo lo scioglimento della compagnia è
rimasto nell'ambito del teatro fondando una sua compagnia, il Gesshoku Kageki.
[6]Sebbene
il termine Jôruri
stia a identificare genericamente
rappresentazioni accompagnate da musica, esso designa, in un contesto più
specifico il teatro classico di burattini, rappresentato con l'accompagnamento
di uno strumento a corde tradizionale chiamato shamisen.
[7]Fu
in questo periodo che ebbe inizio il difficile e contrastato rapporto tra
Terayama e le forze di polizia. Si instaurò tra di essi un sentimento di
sospetto reciproco e un conseguente atteggiamento di sfida da parte di
Terayama. Spesso la polizia interrompeva i suoi spettacoli, soprattutto nel
caso di quelle rappresentazioni improvvisate che Terayama amava allestire per
le vie cittadine coinvolgendo i passanti nello svolgimento dello spettacolo.
[8]Da
Takatori Takeshi, Terayama Shûji ron, Sôchôsha,
1992.
[9]Da
Takatori Takeshi, Terayama Shûji ron, Sôchôsha,
1992.
[10]Da
Takatori Takeshi, Terayama Shûji ron, Sôchôsha,
1992.
[11]Da
Takatori Takeshi, Terayama Shûji ron, Sôchôsha,
1992.
[12]Intervista
a Terayama in Kitagawa Takanobu Shokugyô - Terayama Shûji
- Kyokô ni Ikita Tensai no Densetsu, Nihon Bungei-sha.
[13]
"Quando Shinoda Masahiro fu
richiamato a dirigere, dopo il
successo di 'La Storia Crudele della Giovinezza' di Oshima, gli venne richiesto
'un film molto coraggioso'. Si mise immediatamente al lavoro per trovare un
tipo di sceneggiatura anti-Shochiku, servendosi del giovane poeta Terayama Shûji. Terayama non aveva mai scritto
un copione ma Shinoda aveva letto le sue poesie e trovava che il suo ingegno
fosse stranamente seducente. Nel corso della stesura del copione per 'Il Lago
Prosciugato' del 1960, la storia di uno studente fanatico ambientata durante le
dimostrazioni contro i Trattati di Sicurezza nippo-americani, essi convennero
che per i giapponesi non esisteva qualcosa come la rivoluzione, solamente il
terrorismo. Sotto molti aspetti il film predice il deterioramento del movimento
studentesco in frange terroristiche degli anni '70.
Terayama sarebbe divenuto in seguito non solo un assiduo collaboratore di
Shinoda, ma anche autore teatrale e regista della sua compagnia teatrale
underground, così
come un regista di film tanto potenti sia pure idiosincratici." (A. Bock, "Japanese Film Directors", Kodansha, 1978.)
[14]Da
"Sipario", n° 353-354, ottobre-novembre, 1975.
[15]"In una sezione uso soltanto una luce e
poi lascio scomparire ogni cosa. La luce viene accesa in un punto piuttosto che
in un altro. L'attore nel film deve chiedere che le luci vengano accese perché non lo faccio volentieri." (Da Joan Mellen "Voices from Japanese
cinema")
[16]
Da Joan Mellen "Voices from Japanese cinema"
[17]
"Associa i desideri e le
frustrazioni endemiche alla gioventù
giapponese esplorate soprattutto dai film." (Da Joan Mellen "Voices from Japanese cinema")
[18]
" 'Buttate via i Libri' è soprattutto un film in cui i giovani si fanno gioco del cinema con i
contenuti del loro cuore." (Da
Joan Mellen "Voices from Japanese cinema")
[19]
"Terayama, che per vari anni ha
lanciato appelli ai giovani affinché
lasciassero le loro famiglie, si è
spesso occupato di persona dei giovani di provincia, i quali, seguendo i suoi
consigli, sono andati a Tôkyô. In questi film si ha l'opportunità di comprendere le confessioni di
questi adolescenti raccolti intorno al giovane poeta di cui condividevano le
idee." (Da Joan Mellen "Voices from Japanese cinema")
[20]Da
Takatori Takeshi "Terayama Shûji ron"
[21]
"Una visione fascinosamente
anarchica riguardante la presa del
potere da parte dei bambini e la creazione dell' 'Impero di Tomatocatsup'.
L'Imperatore, abbandonando la sua 'corte di pantaloncini', parte, imbracciando
un fucile, con i suoi reggimenti alla caccia degli adulti. La Costituzione del
Nuovo Impero dichiara che gli adulti, i quali sopraffanno i bambini con la
forza fisica, saranno soppressi dallo stato civile." (Da Joan Mellen: "Voices from
Japanese cinema")