PARTE IIª
ATTIVITÀ ARTISTICA

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CAPITOLO 3 

POESIA

 

La produzione poetica di Terayama Shûji riconosciuta ufficialmente ha avuto inizio durante gli anni del liceo con l'approvazione ottenuta da parte di poeti di fama nazionale che, ravvisato il suo talento, si presero cura di lui incoraggiandolo e pubblicando suoi versi su riviste a diffusione nazionale.

La passione di Terayama per lo haiku si sarebbe risvegliata, stando a quanto dichiara il suo amico e compagno di classe Kitake Kumi[1], durante l'estate del primo anno di liceo, quando degli haiku di quest'ultimo vennero pubblicati su un giornale locale; Terayama spronato dal suo spirito competitivo entrò così, grazie all'amico, nella cerchia dell'ambiente dello haiku, presenziando alle riunioni di un circolo letterario di Aomori. In questa sede fu notato da Suita Seizaburô, il quale lo seguì nel suo sviluppo come poeta; Terayama ebbe modo di dichiarare che Suita Seizaburô fu per lui uno deiconsiderò Suita Seizaburô come suoi maestriun suo maestro.

 

Abbiamo visto come il primo interesse di Terayama in campo poetico si sia rivelato oltre che nella composizione di haiku nella realizzazione di tanka.

Pare che, anche nel caso del genere tanka, la prima stesura di poesie ad alto livello sia nata in seguito ad una sorta di gara a distanza che Terayama aveva intrapreso nei confronti di Nakamura Fujiko, anch'essa appassionata di tanka, vincitrice della prima edizione del premio del 'Tanka Kenkyû' per le giovani promesse.

Terayama si sentì punto nell'orgoglio per la vittoria di questa ragazza che egli non giudicava sufficientemente capace. Tanta fu l'influenza che questo successo 'non meritato' esercitò su di lui, che iniziò ad allenarsi senza posa nella composizione di tanka, e l'anno successivo, riuscì a vincere la seconda edizione del premio con "Il fFestival Chehofu".

 

La prima fase della produzione poetica di Terayama, corrispondente agli anni del liceo, è segnata, come riconoscono molti critici, dall'influenza sostanziale a livello stilistico dei componimenti di poeti quali Nakamura Kusatao, Saitô Sanki e Hashimoto Takako.

Nonostante questo ascendente, la produzione poetica di Terayama conserva un'innegabile originalità dovuta soprattutto alla tendenza a fondere le caratteristiche peculiari dei due generi poetici del tanka e dello haiku. Questa tendenza al 'sincretismo' stilistico è stata spesso oggetto di critiche anche molto severe da parte degli intellettuali più saldamente legati alla tradizione come ad esempio Kusumoto Kenkichi, il quale, in un suo articolo apparso sul "Tanka Kenkyû" ha ammonito Terayama come segue:

 

"Rompere la forma fissata dello haiku e del tanka è estremamente pericoloso. Non è possibile compiere una simile azione. Usa con maggiore cura il tuo ingegno."[2]

 

Un'altra delle critiche che spesso sono state mosse nei confronti della poesia di Terayama, concerne l'abitudine di quest'ultimo a prendere spunto da poesie di altri autori. Per questo motivo è stato definito spesso come un plagiatore, un "apprendista dell'imitazione". Egli stesso, d'altra parte, non rinnegava l'accusa; al contrario, controbatteva a queste critiche con l'affermazione che non fosse necessario rispettare così religiosamente l'originalità come, allo stesso modo, non fosse così strettamente necessario tener presente la produzione degli altri scrittori e le forme stabilite. Queste sue considerazioni sono molto importanti perché iniziano a delineare quella che sarà negli anni successivi, la linea di pensiero e di condotta dominante in Terayama, completamente slegata e indipendente dai modelli dettati dalla tradizione e dalla norma costituita.

Anche nella prima produzione poetica Terayama ebbe dunque modo di dimostrare la sua vena dissacratrice e anticonformista. Dichiarava:

 

"Non credo che sia così importante l'opinione dei critici; quando si è accettati da un gran numero di persone, questo significa che anche un'opera nata dall'imitazione può essere considerata un buon prodotto[3].

."3

 

Accanto all'aspetto della produzione più 'canonica', cinta dell'alloro dei riconoscimenti ufficiali, esiste quindi un altro lato del Terayama poeta. Questo secondo aspetto comportò per lui una evidente difficoltà nel proporre la propria visione dell'arte, in quanto la fascia più conservatrice degli intellettuali stroncava sistematicamente ogni suo prodotto che superasse il limite imposto dai generi tradizionali.

Il forte spirito di Terayama non si lasciava comunque abbattere dalle critiche e dai tentativi di sabotaggio effettuati a suo danno; egli era ben consapevole delle sue capacità e non temeva i moralisti. Spesso, al contrario, le critiche suscitavano in lui la volontà di smascherare senza pietà il trito perbenismo, l'ipocrisia e il paradosso che si nascondevano dietro coloro che troppo apertamente erano contrari ad ogni forma di innovazione; Terayama cercò di raggiungere lo scopo forzando volutamente gli schemi fissi della poesia, che nel caso dello haiku e del tanka erano ritenuti pressoché inviolabili; o anche indulgendo, con una buona dose di compiacimento, in pose e generi considerati di poco conto se non addirittura scadenti e volgari. Definiva la poesia come "un'agitazione".  E' indicativo a questo proposito che Kobayashi Kyôji abbia definito Terayama uno "stregone della parola"[4].

L'urgenza di rinnovamento e il desiderio continuo di sperimentare una  "rivoluzione delle forme", come egli la definiva, lo portarono dunque a sperimentare anche i generi di poesia più umili che, nell'ambito della cerchia dei letterati, venivano considerati di basso livello e quindi non erano presi assoluassolutamente in considerazione nella sfera della produzione artistica, come ad esempio i testi per canzoni popolari. Nell'arco della sua carriera artistica Terayama produsse saltuariamente anche questo genere di poesia destinato ad essere musicato. Nel farlo affermava che la poesia "stampata" non si adatta al gusto delle masse: il suo genere è troppo aulico, i temi sono distanti dalla gente comune; mentre, al contrario, le poesie scritte per essere cantate sono più vicine alle masse e riescono ad arrivare dritte al cuore della gente.

In ogni caso sarebbe sbagliato pensare che Terayama abbia scritto testi poetici per canzoni, nell'intento di essere vicino e solidale alla gente comune; al contrario, come egli stesso affermava, questo genere semplice e diretto era un  mezzo efficace per arrivare a smuovere l'animo della gente comune e spingere le masse verso una direzione precisa, tesa a quella "rivoluzione non politica" a cui tanto aspirava. Avremo modo di approfondire questo concetto nell'ambi contesto dell'idea di teatro di Terayama: grazie al contatto diretto con il pubblico che il teatro permette, egli ha difatti avuto modo di studiare con esito immediato la risposta ai suoi stimoli mirati.

Già nella prima fase di produzione artistica quindi, benché l'idea di scrivere per il teatro fosse ancora remota, cominciava a delinearsi una caratteristica fondamentale della posizione assunta da Terayama nei confronti degli "spettatori". Egli si proponeva di essere, per i fruitori spesso anche involontari della sua arte, un grande mago, un abile manipolatore, capace di cambiare la "realtà" e di modificare la vita quotidiana della gente comune. Questa caratteristica, già presente nel Terayama poeta, si acuirà moltissimo nella sua produzione drammatica, in una parabola che, a partire dalle sceneggiature per drammi radiofonici, passando poi per la produzione cinematografica, raggiungerà il suo apice nella produzione teatrale.

 

Takatori Takeshi[5] afferma, nella sua raccolta di saggi su Terayama Shûji, che uno dei motivi che spinsero Terayama a passare dalla produzione poetica a quella drammaturgica, ed in particolar modo al teatro, è dovuto proprio al limite imposto alla produzione poetica dalla rigidezza delle forme di Hhaiku e tanka, causa di restrizioni molto pesanti all'espressione.

Terayama affermava, inoltre, che durante il lungo periodo di degenza in ospedale dal 1954 al '57, ebbe modo di rendersi conto che forme artistiche scritte, come la poesia o la narrativa, fossero molto meno immediate e arrivassero con maggior fatica a colpire l'attenzione delle masse.

Un ulteriore punto di vista per esaminare la futura produzione di Terayama ci è fornito da Shiraseki Kazuko, il quale afferma che, per risalire all'origine della forma espressiva usata da Terayama nella produzione cinematografica e teatrale, dobbiamo esaminare la sua opera poetica intorno ai venti anni. Questa affermazione viene contestata da Takatori Takeshi, il quale è più incline a vedere nel linguaggio di Terayama una prevalenza dell'influsso del cinema piuttosto che dei tanka. Ipotesi possibile, se teniamo conto che fin dalla prima adolescenza Terayama ha avuto modo di assistere ripetutamene a moltissimi film nel cinemte a moltissimi film nella sala cinematografica degli zii, subendone per sua stessa ammissione il fascino e l'influenza. In ogni caso, resta inconfutabile la presenza di un linguaggio legato alla poesia classica nelle opere teatrali di Terayama. Su questo aspetto la critica è unanimemente concorde.

Terayama avvertiva inoltre che nella poesia e nei testi per canzoni fosse presente un limite insuperabile, quello di "fermarsi ad un monologo". Per scongiurare che questo limite intaccasse anche il teatro, Terayama ha cercato di affermare una forma che fosse libera da costrizioni; ha eliminato così lo spazio scenico, i testi e addirittura gli attori. L'essenza del teatro consisteva per lui nello sfruttare l'energia dell'incontro. Ammirava molto la freschezza e la genuinità delle poesie composte da ragazzi nell'età che va dai tredici ai diciannove anni; pensò di sfruttare l'energia dell'incontro insita in nelle loro composizioni utilizzandole in teatro e rendendo attori i loro autori. E' questo uno dei motivi per cui Terayama è stato molto amato dai giovani, che lo consideravano come un maestro eccelso, fondatore di una nuova religione. Difatti, nonostante Terayama non fosse molto ben visto in Giappone dagli esponenti del mondo della cultura ufficiale, proprio a causa della sua vena trasgressiva e a suo modo rivoluzionaria, molti ragazzi cercavano di ottenere la sua attenzione e di riuscire ad entrare a far parte della cerchia dei suoi collaboratori, sia come poeti, sia come membri del suo laboratorio teatrale.

 

Nel contesto della produzione poetica di Terayama, un posto a parte è occupato da un altro tipo di composizione poetica che egli produsse nel corso della sua carriera: i drammi epici composti in versi, destinati, in un primo momento, alla trasmissione radiofonica.

La prima esperienza in questo campo avvenne nel 1959, quando, su incoraggiamento di Nakagawa Shuntarô, scrisse il primo di una lunga serie di drammi sia radiofonici sia televisivi: "Nakamura Ichirô".

Questa prima composizione segnò una tappa fondamentale della futura produzione di Terayama, in quanto, avendo riscosso un grande successo, sia di pubblico, sia di critica   - la quale gli conferì il primo premio del Festival delle Trasmissioni Nazionali -  cominciò ad aprire a Terayama la strada del mondo dello spettacolo.

Questa prima collaborazione con una rete radiofonica, infatti segnò l'inizio di una lunga serie di collaborazioni con reti radiofoniche e in seguito televisive, e, rappresentò il momento di svolta nella sua produzione artistica che lo portò nel giro di 10 anni ad occuparsi attivamente e quasi esclusivamente di teatro.

Per quanto riguarda l'aspetto stilistico, questi primi drammi epici composti in versi si avvicinano molto al genere classico, e hanno una certa affinità con le forme legate al Jôruri[6].

In accordo con il suo modo di vivere, volto alla sperimentazione volto alla ricerca incessante di nuove forme, nel corso degli anni,successivamente Terayama sperimentò per questi drammi stili diversi, spesso anche personali, e soprattutto, a partire dal 1960 - con "Otonagari" (A caccia di adulti) - iniziò a mettere in atto la sua vena iconoclasta, noclasta, procurandosi, in questo modo,procurandosi in questo modo la critica di essere un istigatore alla violenza e una vera e propria  minaccia per l'ordine pubblico.[7]

Il passo da questo tipo di composizione drammatica alla futura produzione teatrale sarebbe stato ormai molto breve.


 

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CAPITOLO 4 

SAGGI E ROMANZI


Con la definizione 'Saggi e Romanzi' si vuole qui indicare tutta la produzione in prosa di Terayama, ad esclusione sia delle sceneggiature cinematografiche, sia delle composizioni scritte per il teatro, in quanto avremo modo di esaminare questo materiale più avanti, nei rispettivi capitoli.

Va detto che la  maggior parte degli scritti non teatrali di Terayama riguarda soprattutto, fatta eccezione per la poesia, l'area della saggistica.

Anche nella produzione letteraria, Terayama Shûji ha confermato, in molteplici occasioni, il suo spirito provocatorio e la sua tendenza ad andare al di là dei canoni convenzionali che regolano la scrittura.

Una simile affermazione potrebbe divenire oggetto di dubbio e malinteso, va pertanto chiarito il contesto che essa assume nell'abito della sua produzione letteraria.

 

Spirito curioso e profondamente indagatore, Terayama amava dissertare sugli argomenti più disparati indugiando con particolare compiacimento sui temi preda del luogo comune, sulle certezze collettive prive di una concreta fondatezza. Molto spesso Terayama traeva, a partire dagli argomenti più banali, delle conclusioni sconcertanti che sono sicuramente frutto di una presa di posizione del tutto personale. Questo atteggiamento  rispecchia molto chiaramente quel desiderio,, presente in ogni sua opera, presente in ogni sua preconcetti, piuttosto che il frutto di una scelta libera e consapevoleopera, di dimostrare come spesso le azioni delle masse siano generate da riflessi condizionati e da radicatifrutto di riflessi condizionati e di radicati preconcetti.

 Lo scopo di Terayama - come egli stesso asseriva -  era quello di costruire nuovi condizionamenti, questa volta dichiaratamente "falsi", che rendessero evidente l'estrema precarietà del confine tra realtà e finzione, tra vita reale e immaginazione. La distinzione tra queste due coppie di opposti è un elemento estremamente importante, costituisce infatti una delle argomentazioni principali su cui si fonderà in seguito la sua idea di teatro e il suo modo di proporre la rappresentazione scenica.

 

Le opere letterarie di Terayama sono dunque divisibili in due filoni essenziali: da una parte la saggistica vera e propria, consistente in dissertazioni approfondite e competenti su argomenti considerati da Terayama estremamente interessanti e che fa riferimento soprattutto al mondo dello sport: sono molto noti, in Giappone, i suoi saggi sull'ippica, sulla boxe e sul baseball, tre sport che egli praticò e amò "profondamente e incondizionatamente". Nell'altro settore della sua produzione letteraria troviamo quelle opere - anche in questo caso si tratta per la maggior parte saggi - che Terayama scrisse, sfruttando la sua vena dissacratrice e la sua feroce ironia, allo scopo di compiere quella che lui stesso definiva come 'una grande magia', che gli permettesse di ottenere, tramite una 'rivoluzione non politica', la fine definitiva delle forme precostituite.

Nell'ambito di questo secondo tipo di produzione si possono annoverare i saggi sugli argomenti più banali della vita quotidiana, rivisitati dalla sua pungente ironia, e anche qualche romanzo scritto con l'intenzione precisa di fornire una visione alterata ad arte della realtà o per esortare particolari fasce della popolazione a scrollarsi di dosso le stratificate convenzioni sociali. Queste sollecitazioni si possono vedere ad esempio nel caso di "Dareka kokyô wo omowazaru" (Chi non pensa al proprio paese?): in questo romanzo Terayama ha delineato la propria autobiografia, creando però un falso storico - per altro dichiarato - in quanto ha deformato la storia a piacimento conferendole un'atmosfera dominante di miseria, dolore e povertà. Affermò che era stato spinto a scrivere delle menzogne perché l'immagine che la gente si era fatta di lui era quella del povero bambino, orfano di padre, che vive un'infanzia triste e carica di difficoltà;  pertanto egli nella propria autobiografia aveva volutamente calcato la mano, scrivendo ciò che la gente avrebbe voluto leggervi.

 Terayama aveva inoltre un particolare interesse per i giovani; fu per questi ultimi che scrisse nel 1963 "Iede no susume" (esortazione a scappare di casa). In questo libro, come si capisce dal titolo, Terayama invita la gioventù a staccarsi dalle proprie famiglie, a rompere con esse ogni genere di contatto e a condurre una vita propria, slegata dalla famiglia e di conseguenza dalla società di cui la essa costituisce il nucleo principale; a diventare indipendenti come singoli individui per scongiurare il pericolo di vivere come numeri all'interno di una società schiacciante e annullante.

 Questo testo è stato considerato dalla critica un'istigazione alla sovversione e alla delinquenza, privo di ogni concetto morale, un 'libro orribile' che avrebbe avuto una cattiv"pessimo libro" colpevole di esercitare una pericolosa influenza sulla gioventù.

E' interessante notare che, nonostante il contenuto, apertamente avverso alla famiglia,apertamente avverso alla famiglia del libro, Terayama nell'anno precedente alla sua scrittura si era sposato, formando egli stesso quel nucleo primario della società che, all'interno del romanzo, tanto sembrava disprezzare. Questo fatto dimostra che tutto ciò che Terayama scrisse non è giudicabile così come appare, ma, per essere compreso nel suo vero significato e nelle sue motivazioni profonde, va soppesato e indagato oltre le sembianze superficiali.

Anche questo  libro contiene il tentativo da parte di Terayama di turbare i modelli di pensiero standard della gente.

E' interessante notare che Terayama affermò di aver fondato la compagnia del Tenjô Sajiki allo scopo di raggruppare i giovani di entrambi i sessi che leggendo questo libro avessero lasciato le proprie case. Questa compagnia aveva intenti economici, personali, educativi, religiosi, di svago, di protezione, di cambiamento: rappresentava la casa (ma non essendoci legami di sangue non era una famiglia!).

Da quanto detto si evince che Terayama avesse una concezione assolutamente personale e particolare circa la funzione dei poeti e letterati nella società: distingueva tra uomo "d'azione" (kôi mono) e "lottatore" (jissen mono). Dichiarava:

 

"I poeti e i letterati devono comprendere la distanza che passa tra "azione" e "lotta reale". La nostra "azione" non deve avvenire partecipando a dimostrazioni, sarebbe meglio se la mostrassimo in uno spettacolo teatrale. Non si deve entrare nella lotta reale."[8]

 

Takatori Takeshi afferma che è molto difficile cogliere la distinzione tra cosa Terayama intendesse per 'azione' e cosa per 'lotta reale'; ribadisce comunque la grande importanza di questi due concetti, in quanto essi corrispondevano al modo di vivere di Terayama. Takatori pensa che su questo punto si basassero "tutte le idee e le azioni di Terayama."[9]                      

Nonostante usasse termini come azione e lotta reale non vi è in Terayama un'ideologia politica a supportare questo concetto di lotta,. Per onore di cronaca va riferito che egli affermava di essere entrato in contatto con l'ideologia della sinistra, tramite un'attrice sua amica, intorno al 1953 e di esserne rimasto molto 1953interessato. Scrisse inoltre di aver studiato durante la sua degenza in ospedale qualcosa deriguardo all'ideologia comunista e qualcosa riguardante Marx; ma certamente Terayama non si può definire - per questo - come un militante della sinistra. Era comunque interessato  questallo studio di questo pensiero e continuò ad scambiaintrattenere delle conversazioni su Marx e Trotzkij con alcuni studiosi di scienze politiche e filosofia, fino alla seconda metà degli anni '60.

Si deve riconoscere, in ogni caso, che Terayama fosse per sua stessa natura, estraneo a qualsiasi definizione e inquadratura in un genere o un'ideologia particolare.  Egli si era creato, piuttosto, una filosofia del tutto personale costituita da elementi, estrapolati dalle più svariate e antitetiche correnti di pensiero, rielaborati in maniera assolutamente personale e molto spesso in evidente contrasto gli uni con gli altri.

Terayama sembrava non curarsi affatto della contraddittorietà delle sue affermazioni.  Forse proprio a causa del suo gusto nello sconcertare, Terayamaegli dichiarava, ad esempio, di ammirare Hitler; non per la sua ideologia politica, bensì per la sua qualità di artista:

 

"[...] Pur essendo gli artisti degli "uomini d'azione" non si possono considerare veri e propri lottatori."lottatori".

 Inizialmente Hitler voleva diventare un artista ma, essendo un pusillanime, è passato ad interessarsi di politica.

In seguito, nell'intento di purificare il sangue del popolo tedesco, ha fatto sterminare un'enorme quantità di ebrei.

Penso che un uomo simile si possa definire come "una persona d'azione poetica".una persona "d'azione poetica".

Hitler nella sua qualità di artista era un puro.""[10]

 Terayama criticava all'arte contemporanea il fatto di non adattarsi al sentimento dell'epoca e di proseguire per la propria strada senza curarsi del fatto che la gente comune ne sapesse niente; mentre, ai tempi di Hitler, l'arte esprimeva davvero il sentimento della propria epoca.

 

"Se si teatralizzasse il pensiero di Hitler come "Il grande maestro del male", probabilmente esso potrebbe essere accettato. Penso che anche la storia possa costituire un genere di teatro; così Hitler, come tutte le rivoluzioni della storia, sono teatro (teatro storico)"[11]

Ammirava Hitler e dichiarava che avrebbe voluto assomigliargli, intendendo con questa frase - come egli stesso spiegò -  che avrebbe voluto avere sul pubblico la stessa influenza, lo stesso enorme ascendente e la conseguente capacità di manipolazione delle masse secondo un proprio prefissato disegno, che Hitler aveva saputo esercitare.

 

Un altro aspetto che è interessante notare nella produzione letteraria di Terayama è costituito dalla tendenza a riproporre gli stessi soggetti e addirittura gli stessi titoli nelle opere poetiche, di fiction, nei drammi radiofonici, nel cinema. Molti critici vedono in questa scelta una testimonianza della sua mancanza di fantasia e  forse in piccola parte questa critica è fondata - anche se osservando la sua produzione teatrale è difficile definirlo 'un uomo privo di fantasia' - ma probabilmente l'intenzione principale di Terayama, nel compiere queste 'metamorfosi' delle sue opere, era quella di sottolineare, una volta di più, la marginale importanza rivestita dai canoni stilistici e la tangibile relatività delle forme fisse, apparentemente invalicabili.


 

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CAPITOLO 5 

CINEMA

 

A differenza di quanto era accaduto per le produzioni artistiche esaminate in precedenza, vale a dire la poesia e la letteratura, Terayama si dedicò alla carriera cinematografica - sia come sceneggiatore e regista, sia come attore - soprattutto per procurarsi da vivere.

Per sua stessa ammissione, infatti una parte dei film che egli produsse e diresse, fanno parte di un filone essenzialmente commerciale, 'di cassetta', si tratta di:

 

"[...]Brutti film, privi di contenuti profondi i quali  non hanno alla loro base altra motivazione se non il bisogno di denaro."[12]

Non bisogna comunque dimenticare, nell'accogliere questa dichiarazione, che Terayama amava molto provocare i suoi interlocutori e spesso le sue affermazioni, per poter essere correttamente interpretate, vanno ridimensionate alla luce di un'attenta riflessione, sulla base di una conoscenza approfondita dell'autore.

Anche nel caso della cinematografia, infatti, Terayama non ha perso occasione di sfruttare il mezzo di comunicazione per produrre delle sollecitazioni piuttosto violente nei confronti del pubblico, e non di meno, per liberare, una volta di più, il suo spirito anticonformista e trasgressivo.

Se da un lato, infatti, le sue scelte si volgono verso i generi puramente commerciali, tesi ad esaudire le esigenze più immediate e mediocri del pubblico - come avviene ad esempio per il film "Boxer" - dall'altro, il lato del Terayama membro dell'avanguardia, è sempre viva in lui la sete di ricerca e il dedesiderio di sperimentare nuovi metodi di comunicazione e nuove forme di linguaggio.

 Terayama, ad esempio, soffriva di una sorta di idiosincrasia nei confronti dello schermo cinematografico, che egli vedeva come una gabbia infernale limitante la libertà d'azione dell'artista.

Per questa ragione spesso ne costruiva di molto particolari, come nel caso degli schermi costituiti dia fasce elastiche - perché degli attori le potessero attraversare durante la proiezione del film - oppure di tavole di legno - in modo tale da potervi piantare dei chiodi, sperando che il pubblico seguisse l'esempio degli attori, come avvenne, a quanto racconta Mario Zussino, al festival di Edimburgo. Il motivo di queste interpolazioni nella proiezione cinematografica di azioni reali compiute da 'attori' (ossia persone le quali agiscono), siano essi membri del Tenjô Sajiki o rappresentanti del pubblico, si può rintracciare nell'esigenza di allargare il confine invalidante costituito dallo schermo,  che delimita in modo fisso ed arbitrario  il confine della proiezione, e far si che il pubblico sia costretto ad abbandonare quella posizione passiva e voyeuristica che di solito possiede.

 

I temi preferiti da Terayama in campo  cinematografico sembrano essere quelli riguardanti i problemi sociali -problemi sociali, sia di comunicazione tra individui, sia di protesta nei confronti delle convenzioni e delle forme precostituite, - persino dello stesso cinema - e i problemi dell'individuo, con particolare interesse per il rapporto tra adolescenti eun adolescente e la propria famiglia.

 Terayama ha dichiarato che, nelle sue opere, nelle sue opere uno dei temi principali è costituito dall'attacco al sistema familiare giapponese.

 Penso sia opportuno esaminare  nel particolare alcuni esempi di questi generi di produzione.

Anche nel caso della produzione cinematografica, l'esordio di Terayama avvenne grazie all'interessamento di un personaggio illustre: il regista Shinoda Masahiro, per il quale Terayama scrisse, intorno al 1960, la sceneggiatura per il film "Il lago prosciugato" (Kawaita mizuumi).

Nel seguente brano atto dal libro Japanese Film Director di Audie Bock, si evidenziano le motivazioni per cui Terayama iniziò, con questo film la sua carriera di sceneggiatore cinematografico.


"When Shinoda Masahiro was recalled to directing after the success of Oshima's Cruel Story of Youth, he was told to make 'a very gutsy film'. Immediately he set about finding an anti-Shochiku kind of scenario, employing the young poet Terayama Shûji. Terayama had never written a script but Shinoda had read his poetry and found his wit to be strangely captivating. In the course of writing the script for  the 1960 Dry Lake, a story about a student fanatic set during the anti-U.S.-Japan Security Treaty demonstrations, they agreed that for Japanese there was no such thing as revolution. only terrorism. In many ways the film predicts the deterioration of the student movement into factional terrorism in the 1970s. Terayama would later become not only a frequent collaborator with Shinoda, but a playwright and director of his own underground theatre troupe, as well as director of such powerful if idiosyncratic films."
[13]

 Il Lago Prosciugato è un film provocatorio in cui il protagonista, un terrorista, viene presentato come un eroe. Questo film è nato nell'ambito dei movimenti di protesta che si erano generati in Giappone, nei confronti dei trattati nippo-americani Shin Anpô Jôyaku, tra uomini appartenenti a correnti politiche e di pensiero diverse. Data l'eterogeneità del gruppo dei dissidenti la protesta non riusciva ad andare oltre i confronti e le discussioni interne, finché da questo si distaccò una fazione violenta che organizzava dure dimostrazioni e atti sovversivi.

Nel film "Il lago prosciugato" Terayama trattò la vicenda con il preciso proposito di dare fama alla condizione di terrorista.

In questa motivazione è possibile vedere una caratteristica fondamentale di un certo tipo di spettacolo proposto da Terayama. Egli si proponeva di smuovere le coscienze troppo spesso intorpiditre dalla rigida e cieca osservanza delle tradizioni e delle convenzioni sociali. Allo stesso tempo, nonostante la scelta di soggetti tanto scottanti, non vi era in lui il benché minimo tentativo di portare avanti una precisa ideologia politica; dalla politica egli rimase sempre slegato.

 Con "Il lago prosciugato" Terayama ribadisce, ancora una volta, la necessità da parte dell'artista di distinguere tra "azione" e "lotta reale": per Terayama il compito dell'artista è quello di "spingere all'azione", ma l'unico modo con cui l'artista puòegli non deve prendere parte alla lotta deve essere quellse non in questo modo indiretto.

 

Un'altra delle tematiche riguardanti l'aspetto sociale presenti nella produzione cinematografica di Terayama è quella facente capo al bisogno di 'purificare' la società tramite la purificazione dei pensieri e dei ricordi dei membri che la compongono. Elementi troppo spesso incrostati di pregiudizi, preconcetti e luoghi comuni fuorvianti. Queste 'impurità' impediscono all'uomo che ne è "affetto"vittima di vivere liberamente.

 Esplicativa a riguardo è una dichiarazione rilasciata dallo stesso Terayama circa il suo lungometraggio "Nascondino pastorale" (Pastoral Hide and Seek) girato nel 1974:

 

"Se desideriamo liberare noi stessi, pulire la storia dell'umanità in noi e la storia della società intorno a noi, dobbiamo cominciare col liberarci dei nostri stessi ricordi. Ma questo avviene quando i nostri ricordi cominciano a giocare a nascondino con noi stessi e risulta difficile il confronto. In questo film il personaggio centrale intraprende una certa qual revisione del suo passato. Io ho cercato di aiutarlo a trovare la sua identità, e quindi forse, l'identità di tutti noi."[14]

Altro lungometraggio estremamente interessante per le tematiche proposte è "Buttate via i libri, uscite per le strade" (Sho wo suteyô, soto he demashô). Il soggetto era nato come pièce teatrale nel 1968 e nel 1971 si sviluppò come film. Esso è frutto del lavoro collettivo dell'intero cast, riunitosi per un mese a discutere sul copione e sul protagonista. L'intento di Terayama nel comporre questo film era quello di mostrare che il film è qualcosa di molto fragile e inconsistente.

Nel girare questo lungometraggio ha usato delle tecniche molto particolari di scenografia e di  illuminazione basando la recitazione sulle reazioni estemporanee degli attori. In un'intervista rilasciata a Joan Mellen Terayama ha dichiarato:

 

"In one part I use only one light and then allow    everything to disappear. The light is switched on  at one point and not at another. The actor in the film must ask for the lights to be put on because I do not do it willingly."[15]

Questo film è stato definito dalla stampa occidentale come un "attento collage di narrativa" ed è stato accolto favorevolmente sia in Europa, sia in America.

 In un articolo pubblicato sul 'Manifesto', viene ammirato - anche se l'intento di Terayama non era deliberatamente politico - per la sua profonda consapevolezza politica:

 

"'Gettiamo i libri usciamo nelle strade' è, in sintesi, un film che nella sua corposa, violenta carica di denuncia e nella sua dolorosa passione per la condizione alienata dell'uomo viene ad assumere l'importanza di un documento inoppugnabile, sia contro l'attuale società giapponese, fondata sul più brutale sfruttamento dell'uomo, sia contro l'ingranaggio generale della ferrea logica del profitto che muove e sorregge lo strapotere capitalistico. Il grosso merito di Terayama è dunque l'essere riuscito a condurre in porto un film dove la passione politica si fonde con la poesia, e la cultura cresce come solidarietà di classe."[16]

 Il personaggio centrale è un ragazzo e tutta la narrazione si basa sulla sua vicenda esistenziale e politica. Come nota Joan Mellen in "Voices from Japanese cinema", New York 1975, in questo film Terayama:

 

"Associates the longing and frustrations endemic to Japanese youth with the distortions visited upon all by movies."[17]

Il tema di questo film è quello dell'adolescenza violentata dalla società, dalla tradizione e dall'imperialismo della famiglia"imperialismo della famiglia". Come si evince dal titolo anche questo film è pervaso da quella vena trasgressiva e di rivolta tipica di Terayama. Il protagonista si chiama semplicemente "ragazzo";, egli protesta contro la squallida condizione della sua vita ma anche contro il fatto di essere preso a modello per l'educazione del pubblico che assiste al film.

 L'importanza di quest'opera cinematografica è stata riconosciuta anche in Giappone. Secondo il critico cinematografico Sato Tadao, in questo film:

 

"Throw Away Your Books is above all a film where youths make a game of cinema to their's heart's     content."[18]

Sato vede inoltre nel Terayama di 'Buttate via i libri uscite per le strade'  la ricerca di uno studio della società giapponese contemporanea:

 

"Terayama, who for several years has launched appeals to youths to leave their families, has often concerned himself with provincial youths who end by following his counsel, leaving for Tôkyô.   One has the opportunity in this film to understand the confessions of these adolescents grouped around this young poet and partaking of his ideas."[19]

Mellen fa notare che Terayama può essere considerato membro della generazione di artisti giapponesi che hanno formato in parte il loro modo di vedere su pensatori europei come ad esempio Freud. Questo influsso è riscontrabile ad esempio dalla presenza, in 'Buttate via i libri', di sentimenti incestuosi del ragazzo nei confronti della sorella.

In effetti la tematica sessuale, e più in particolare alcuni peculiari aspetti della sessualità, quali l'omosessualità o l'incesto,  sembrano interessare molto la fantasia di Terayama, il quale introduceva spesso nei soggetti dei suoi spettacoli riferimenti al sesso, allusivi o immediati.

Nel caso di Buttate via i libri uscite per le strade, ad esempio,, ad esempio, il gioco del calcio costituisce un filo conduttore nel corso dell'intero film. Terayama ha fornito, a questo riguardo, una spiegazione che, presa così come è, lascia nel lettore un certo smarrimento. L'affermazione risulta infatti alquanto opinabile. Non si deve dimenticare, comunque, che la volontà di stupire e la tendenza ad andare contro le convenzioni sono caratteristiche fondamentale del carattere di Terayama:

 

"Era mia intenzione usare il gioco del polo per via delle connotazioni sessuali che implica l'uomo che corre con un lungo bastone. Tuttavia tra tutti gli sport - come è detto anche nel film - quello che usa il pallone più grande è il gioco del calcio, per questo esso è lo sport più virile."[20]

 

Un altro breve film appartenente al genere che Mellen ha definito come  surrealista è "L'imperatore di Tomatocatsup".

 Questa pellicola è un gioioso, ironico inno alla trasgressione, e all'anarchia; il tema riguarda la rivolta dei bambini nei confronti degli adulti, colpevoli di sottrarre loro la libertà sessuale e di espressione, e  la presa del potere che ne consegue, la quale porta alla costituzione dell'Impero di Tomatocatsup:

tocatsup:

 

"A charming anarchist vision about children taking power to create the "Empire of Tomatocatsup". The Emperor, abandoning his "court of short pants", with a gun in his hand, leaves with his regiments for the hunt of grown-ups.

The Constitution of the New Empire declares that adults who impose physical force upon the children will be suppressed by the civil state."[21]

La Costituzione promulgata dall'Imperatore è apertamente trasgressiva e dissacrante: in essa i bambini si dichiarano liberi di commettere tradimento, di tramare piani, di praticare l'omosessualità, e addirittura di usare la Bibbia come carta da toilette.

Sempre Sato Tadao vede  nei personaggi di Terayama degli individui - rappresentanti il riflesso del loro autore, libero dai condizionamenti sociali - che si fanno beffe della moralità tradizionale, e che sognano un mondo utopico in cui sia raggiunta la libertà sessuale. Ma allo stesso tempo percepisce in loro anche un alone nostalgico nei confronti della vita tradizionale di campagna, quella che fa parte del background culturale più intimo di Terayama. Sato nota che questa sorta di nostalgia che si nasconde dietro le parole, in apparenza sprezzanti dei personaggi, costituisce uno strano disequilibrio in cui questi ultimi, come del resto tutta la gioventù giapponese, fluttuano incessantemente.



[1]da AA.VV. "Gendai shi no techô. 11 gatsu kanji sôkan", novembre 1983.

[2]Da Takatori Takeshi "Terayama Shûji-ron" Tôkyô, Sôchôsha, 1992.

[3]DA Takatori T. "Terayama Shûji ron" Tôkyô, Sôchôsha, 1992.

3 Da Takatori Takeshi "Terayama Shûji-ron" Tôkyô, Sôchôsha, 1992.

[4]Da Tayô, n. 363, settembre 1990.

[5]Nato nel 1952, laureatosi in economia e commercio all'università di Ôsaka, è stato assunto presso una casa editrice. Quando Terayama ha fondato il Tenjô Sajiki è entrato a far parte dello staff. Dopo lo scioglimento della compagnia è rimasto nell'ambito del teatro fondando una sua compagnia, il Gesshoku Kageki.

[6]Sebbene il termine Jôruri stia a  identificare genericamente rappresentazioni accompagnate da musica, esso designa, in un contesto più specifico il teatro classico di burattini, rappresentato con l'accompagnamento di uno strumento a corde tradizionale chiamato shamisen.

[7]Fu in questo periodo che ebbe inizio il difficile e contrastato rapporto tra Terayama e le forze di polizia. Si instaurò tra di essi un sentimento di sospetto reciproco e un conseguente atteggiamento di sfida da parte di Terayama. Spesso la polizia interrompeva i suoi spettacoli, soprattutto nel caso di quelle rappresentazioni improvvisate che Terayama amava allestire per le vie cittadine coinvolgendo i passanti nello svolgimento dello spettacolo.

[8]Da Takatori Takeshi, Terayama Shûji ron, Sôchôsha, 1992.

[9]Da Takatori Takeshi, Terayama Shûji ron, Sôchôsha, 1992.

[10]Da Takatori Takeshi, Terayama Shûji ron, Sôchôsha, 1992.

[11]Da Takatori Takeshi, Terayama Shûji ron, Sôchôsha, 1992.

[12]Intervista a Terayama in Kitagawa Takanobu Shokugyô - Terayama Shûji - Kyokô ni Ikita Tensai no Densetsu, Nihon Bungei-sha.

[13] "Quando Shinoda Masahiro fu richiamato a dirigere, dopo il successo di 'La Storia Crudele della Giovinezza' di Oshima, gli venne richiesto 'un film molto coraggioso'. Si mise immediatamente al lavoro per trovare un tipo di sceneggiatura anti-Shochiku, servendosi del giovane poeta Terayama Shûji. Terayama non aveva mai scritto un copione ma Shinoda aveva letto le sue poesie e trovava che il suo ingegno fosse stranamente seducente. Nel corso della stesura del copione per 'Il Lago Prosciugato' del 1960, la storia di uno studente fanatico ambientata durante le dimostrazioni contro i Trattati di Sicurezza nippo-americani, essi convennero che per i giapponesi non esisteva qualcosa come la rivoluzione, solamente il terrorismo. Sotto molti aspetti il film predice il deterioramento del movimento studentesco in frange terroristiche degli anni '70.
Terayama sarebbe divenuto in seguito non solo un assiduo collaboratore di Shinoda, ma anche autore teatrale e regista della sua compagnia teatrale underground, cos
ì come un regista di film tanto potenti sia pure idiosincratici."   (A. Bock, "Japanese Film Directors", Kodansha, 1978.)

[14]Da "Sipario", n° 353-354, ottobre-novembre, 1975.

[15]"In una sezione uso soltanto una luce e poi lascio scomparire ogni cosa. La luce viene accesa in un punto piuttosto che in un altro. L'attore nel film deve chiedere che le luci vengano accese perché non lo faccio volentieri."  (Da Joan Mellen "Voices from Japanese cinema")

[16] Da Joan Mellen "Voices from Japanese cinema"

[17] "Associa i desideri e le frustrazioni endemiche alla gioventù giapponese esplorate soprattutto dai film."  (Da Joan Mellen "Voices from Japanese cinema")

[18] " 'Buttate via i Libri' è soprattutto un film in cui  i giovani si fanno gioco del cinema con i contenuti del loro cuore."   (Da Joan Mellen "Voices from Japanese cinema")

[19] "Terayama, che per vari anni ha lanciato appelli ai giovani affinché lasciassero le loro famiglie, si è spesso occupato di persona dei giovani di provincia, i quali, seguendo i suoi consigli, sono andati a Tôkyô. In questi film si ha l'opportunità di comprendere le confessioni di questi adolescenti raccolti intorno al giovane poeta di cui condividevano le idee."  (Da Joan Mellen  "Voices from Japanese cinema")

[20]Da Takatori Takeshi "Terayama Shûji ron"

[21] "Una visione fascinosamente anarchica riguardante  la presa del potere da parte dei bambini e la creazione dell' 'Impero di Tomatocatsup'. L'Imperatore, abbandonando la sua 'corte di pantaloncini', parte, imbracciando un fucile, con i suoi reggimenti alla caccia degli adulti. La Costituzione del Nuovo Impero dichiara che gli adulti, i quali sopraffanno i bambini con la forza fisica, saranno soppressi dallo stato civile."  (Da Joan Mellen: "Voices from Japanese cinema")